Nell'Italia del 1529, anche se il Rinascimento irrorava l'arte e la cultura, profonde divisioni interne minavano la pace nella nostra penisola. Landriano si trovò al culmine di una di queste, ma per capire cosa portò una battaglia tra imperi, non lontano da piazza Garibaldi, a ridosso delle rive del Lambro, dobbiamo fare qualche passo indietro e capire i motivi che mossero i nostri protagonisti.
Carlo V d'Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, Re di Spagna, Duca di Borgogna, Sovrano di Napoli e Sicilia nel 1525 aveva conquistato la Lombardia sconfiggendo, nella battaglia di Pavia, e imprigionando Francesco I d'Orleans re di Francia e Duca di Milano.
Il re Francese per ottenere la liberà dovette firmare le umilianti condizioni del trattato di Madrid nel 1526 ma gli stati italiani, preoccupati e intimoriti della grande potenza che la Spagna stata assumendo in Europa e sopratutto in Italia decisero, insieme a Francesco I, di sancire la Lega di Cognac, con l'intento di fronteggiare Carlo V.
Alla Lega di Cognac presero parte: il Doge di Venezia, Papa Clemente VII, la Repubblica di Firenze, la Repubblica di Genova, il Ducato di Milano e chiaramente il regno di Francia con Francesco I.
Diverse furono le battaglie sulla penisola e alcune di esse videro sul territorio di Landriano i possenti eserciti, al comando dei quali vi erano da un lato il generale Antonio de Levya per l'armata Spagnola e dell’altro Francesco Borbone conte di Saint Pol per l'armata Francese.
Dopo il ritiro del Papa, l’esercito della Lega prova, nel maggio del 1527, a marciare per liberare Milano ed è qui che riceve la prima sconfitta per mano del nostro Antonio de Levya, che con una veloce manovra, uscendo da Milano lungo la strada per Sant’Angelo si portò con i suoi uomini a Landriano e da qui percorrendo la odierna via Cerca, attaccò di sorpresa e alle spalle i nemici, costringendoli alla ritirata.
Un personaggio molto influente, che in quegli anni si stava muovendo nell’ombra e che in futuro avrebbe ricoperto un ruolo chiave in Lombardia, è Francesco Taverna appartenente a una famiglia nobile di Milano, famoso giureconsulto che iniziò la sua carriera prima come ambasciatore e gran cancelliere del duca di Milano a Venezia poi a Roma e alla corte del re di Francia, e così si trovò al centro degli avvenimenti politici del tempo, come la stipula della Lega di Cognac. Nel 1522 Francesco decise di investire sui terreni di Landriano, avendone già dei possedimenti, e in quegli anni acquistò da Antonio Landriani, signore dell’epoca sempre più in decadenza, le entrate fiscali del feudo. Grazie a questa mossa, con il benestare di Francesco Sforza II, il Taverna potè accrescere il suo patrimonio e divenire uno dei personaggi più importanti dell’epoca, prima della dominazione spagnola.
Tornando alle nostre battaglie, nell’estate del 1528, mentre il Levya era a Milano con le sue armate, gli eserciti alleati della Lega di Cognac si ritrovarono a Landriano per un consiglio di guerra, che si tenne all’interno del castello al quale partecipò anche il duca di Urbino; da quel consiglio però emerse ancora una volta l’incertezza nonché la mancanza di iniziativa dei comandanti in capo e il complesso di inferiorità che nutrivano verso gli avversari spagnoli. Provarono ad avvicinarsi a Milano per riconquistarla ma l’impresa fu presto abbandonata.
Se i francesi in quegli anni riuscirono a riconquistare alcune città come Vigevano e Pavia, ridotte alla fame dal pestilenze, guerre e carestie, persero però l’appoggio di Genova che decise di allearsi con Carlo V di Spagna. Iniziò così un periodo di sfaldamento della Lega di Cognac, per la quale tanto il Pontefice quanto i veneziani e persino lo stesso duca di Milano cominciarono a dubitare della vittoria e cercarono accordi con l’Imperatore spagnolo.
Giovedì 17 giugno 1529 l’avanguardia francese giungeva a Landriano, anticipando il grosso dell’esercito ma, come spesso accadeva, a causa della mancanza di disciplina i preparativi degenerarono in un saccheggio del Paese. Il giorno 19 tutto l’esercito francese era giunto in paese; quella notte cadde una pioggia così forte che, come si legge dalle cronache del tempo, il Lambro crebbe a tal punto da impedire il passaggio dell’artiglieria, così che il nostro Francesco Borbone di Saint Pol dovette attendere con il suo esercito e i soldati mercenari tedeschi assoldati per le battaglie.
Approfittando dell’impedimento dei francesi a muoversi, Antonio de Levya, ispirando i soldati con un sentito discorso, li spronò alla battaglia e invitò a vestirsi con camicie bianche per distinguersi nella notte. Fu così che alle ore 20, percorrendo l’attuale strada Val Tidone, l’esercito spagnolo nel silenzio della notte arrivò nei pressi di Gnignano senza farsi scoprire dai francesi; la mattina l’avanguardia dell’esercito della Lega guidata dal conte Guido II Rangoni, lasciò l’accampamento alla volta di Pavia, passando per Cavagnera e Vidigulfo, Francesco Borbone di Saint Pol faceva, purtroppo, affidamento sui suoi cavalieri di ricognizione che non scorsero l’esercito spagnolo.
Gli spagnoli, attraversando silenziosamente la via Milano, l’attuale via fratelli Cervi e Belvedere, piombarono sull’esercito francese, con archibugieri e cavalieri; non servirono a nulla i bastioni innalzati dai veneziani qualche anno prima per proteggere l’accampamento; i francesi furono colpiti di sorpresa e accerchiati, 600 fanti spagnoli simularono una ritirata spingendo l’esercito avversario in un luogo prestabilito dove ad attenderli vi erano oltre 1000 archibugieri. I francesi caddero nell’imboscata la cavalleria non riuscì a ritirarsi a causa dei lanzichenecchi che disertarono cercando disordinatamente la fuga. Francesco Borbone fu così imprigionato assieme ad altri capitani. De Levya così proseguì attaccando l’altra parte dell’esercito.
La fine del conflitto fu sancita con la pace di Cambrai siglata il 5 agosto del 1529, detta anche la pace delle due dame poiché a negoziarla furono Luisa di Savoia, madre di Francesco I e Margherita d’Asburgo zia di Carlo V. La pace segnò la fine dell’ambizione di Francesco I e delle rivendicazioni della Lega di Cognac, Carlo V finalmente poté essere incoronato nel 1530 a Bologna.
Divenuto governatore del ducato di Milano Carlo V decide di nominare Francesco Taverna gran Cancelliere di stato nel 1533; per premiarlo del lavoro e della fedeltà nel 1536, creando il feudo di Landriano, lo nomina primo conte, titolo che potrà essere ricoperto anche dai suoi discendenti. Lo stemma di Landriano non sarà più il vessillo dei Landriani, ma quello dei Taverna, un levriero rivolto verso una stella dorata, a simboleggiare la fedeltà della famiglia Taverna nei confronti dell’imperatore.
Grazie a Francesco si devono i lavori di ristrutturazione del castello, che passò da fortezza medioevale a villa nobiliare rinascimentale; con i Taverna come conti il paese cambiò negli anni passando da un agglomerato di cascinali e case al paese che oggi conosciamo e amiamo.